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IL PIANISTA CON LE MANI IN PASTA

Un articolo di Carlo Petrini
da La Repubblica del 0703-2011

Mauro Musso, nato per la musica e diventato il maestro dei tajarin. “Oggi c’è ben poca qualità, anche fra la roba spacciata per buona in negozi specializzati”

Mauro Musso ha 43 anni e la sua più che una “Storia di Piemonte” è una storia di Langa, perché è intimamente legata a questi luoghi e alla loro natura sempre tesa tra lo sviluppo (”l’improvviso benessere” che Bartolo Mascarello spesso malediceva) e l’inossidabile tradizione. Non è un caso che sia finita nel bel documentario di Paolo Casalis “Langhe Doc, storie di eretici nell’Italia dei capannoni”.
Il suo è un percorso non lineare e irto di ostacoli, che alla fine l’ha fatto diventare un maestro artigiano della pasta, di tajarin soprattutto, tra i migliori in assoluto, va detto. Ma prima di arrivare alla passione, anche un po’ ossessione, per farine e impasti, bisogna partire da metà anni ‘90 quando Mauro studiava da pianista e si teneva come “ruota di scorta” per il futuro l’azienda di famiglia: un allevamento da 20.000 polli, intensivo e poco sostenibile, come lui stesso afferma. “Mi dicevo: è difficile riuscire a vivere con la musica; ma io ci provo. Mal che vada c’è sempre l’azienda”. Due opzioni che nel giro di poco più di un anno, tra fine ‘94 e inizio ‘96 se ne vanno entrambe “a carte quarantotto”, come si dice dalle nostre parti. Prima l’alluvione del novembre ‘94 che spazza via più di metà allevamento e rende inagibile la casa in cui vivevano i Musso; poi una serie di problemi, tra cui uno alla mano, gli impediscono di coronare il sogno di diventare pianista.
Tutta la famiglia si trasferì in una casa nuova appena fuori dal centro di Alba sulla strada verso Treiso e Barbaresco, mentre l’allevamento continuò a vivacchiare ridimensionato fino al 2001, mantenuto in piedi dal padre soltanto per pagare i debiti causati dall’alluvione. Per Mauro fu tempo di guardarsi attorno, un po’ spaesato, e cercarsi un lavoro: “Non avevo la più pallida idea di cosa fare e quindi colsi la prima occasione, pensando che fosse temporanea”. Finì a lavorare in un supermercato sulla statale tra Alba e Bra, come addetto alle pulizie. Eravamo a fine ‘95.
“Siccome quando faccio delle previsioni non ci azzecco mai, rimasi al supermercato fino al 2008. Prima le pulizie, poi diventai magazziniere-ricevitore. Il problema era che per anni non ebbi un solo giorno libero. Dopo un po’ lo feci notare ai miei superiori: il riposo è un diritto di tutti. La risposta fu che nel 2002 mi misero alle casse. È il peggior posto in un supermercato e suona come l’anticamera del licenziamento. Ti fanno le multe se i conti non quadrano anche solo di 10 centesimi, ed è quasi impossibile evitarle”. Infatti non le evitò, ma a inizio 2008, estenuato, si licenziò per seguire la passione che sin dal 2005 gli frullava nella testa e occupava ogni suo momento libero: fare la pasta. “Non quella fresca”, ci tiene a sottolineare.
“Frequento produttori di vino, ho molti amici attenti alla qualità e anche alla salubrità dei prodotti, come Peter Weimar, una vera enciclopedia gastronomica che ha iniziato a farmi diventare curioso, ad approfondire le caratteristiche degli ingredienti e dei piatti. Mi sono detto: oggi ci sono pochi cibi di qualità, non soltanto le cose peggiori che si trovano nei supermercati, ma anche tanta roba magari spacciata per buona nei negozi specializzati. Mi piace la pasta, allora provo a farla io e magari m’invento un lavoro”.
Dal 2005 seguono anni di prove casalinghe: “Avrò regalato 4 o 5 quintali di pasta agli amici perché volevo il loro parere. Piaceva, ma mi davano tutti del pazzo. Nel frattempo ho conosciuto il Mulino Marino e il loro modo di lavorare le farine macinando a pietra, selezionando antiche varietà di grano e cereali. Mi sono convinto che fossero gli ingredienti ideali, non soltanto per via del gusto, ma anche per la digeribilità. Questa è sempre stata una mia fissa, forse perché l’ho provata sulla mia pelle, da gran mangione quale sono”. Mauro racconta che gli stabilimenti industriali “anche quelli piccoli, perché usano gli stessi metodi, ma solo su scala ridotta”, dagli anni ‘70 con l’immissione sul mercato di diversi grani modificati hanno dovuto intervenire con aggiunte di glutine per equilibrare la materia prima e renderla più facilmente lavorabile: questo ha portato, anche secondo studi scientifici, a un aumento vertiginoso della diffusione dell’intolleranza.
“Il cibo non deve nuocere alla salute” è il suo motto. In anni di sperimentazioni alla fine ha trovato le formule giuste e nel 2008 decide di aprire a casa sua un negozietto con laboratorio. Ma anche qui la sfortuna si mette di mezzo: si frattura malamente un ginocchio e deve stare mesi e mesi a letto rimandando l’inaugurazione. Nel 2009 ce la fa, ma il negozio – “La casa dei tajarin” (Viale Cherasca, 94 – Alba), dove vendeva anche altre eccellenze gastronomiche accuratamente selezionate dal suo palato che nel frattempo è diventato allenatissimo – purtroppo non prende piede. “Non so ancora adesso perché, sarà perché la mia pasta deve costare cara, dai 10 euro al chilo. Ne spendo la metà solo in materie prime, e con i numeri che faccio non ci sarebbe margine”. Il cibo buono deve costare il giusto, oggi si guarda solo più al prezzo del cibo, non ai valori che veicola, e la qualità si abbassa inevitabilmente: “Manca l’educazione per riconoscere ciò che è buono e pulito. Chi capisce cosa faccio non si scandalizza per il prezzo. E poi i tajarin sono il piatto della festa, mica si devono mangiare tutti i giorni!” Oggi è concentrato solo sulla pasta, usa pochi macchinari essenziali e al massimo produce cinquanta di chili al giorno. Le cose iniziano a girare: ha qualche distributore, la voce si sparge, sempre più spesso qualcuno bussa alla sua porta per comprare i tajarin alle antiche varietà di grano, al farro monococco, al grano manitoba, e anche pasta di grano duro o di segale bianca. Forse alla fine Mauro ha trovato il suo posto nel mondo. Assaggiando la sua pasta, anche se magari ci sarà sempre chi continua a dargli del pazzo, noi possiamo dirlo tranquillamente: ha finalmente vinto la sua prima grande battaglia.



Langhe Doc
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